venerdì 30 gennaio 2009

Fotografia Senza Fotografare 4



alla Bua
Fisarmonica, flauto, due tamburelli, chitarra elettrica e una danzatrice- cantante. Questi i componenti del gruppo di taranta. La taranta allo stato puro.
Verso le 23.00 iniziano a suonare. La gente di Sannicola o San Nicola e dintorni presente e partecipe.
Oltre la bravura dei musici c’è la partecipazione attiva degli spettatori che non sono semplici spettatori ma ballerini e suonatori. Intorno al palco cinque capannelli di gente con al centro o ai lati suonatori di tamburello e danzatori di taranta. Vera musica da discoteca antica come la Puglia. Vedi con piacere danzare bambini di due anni col loro vestitino bianco. Danzano matrone grasse e brutte. Prima provi a fare foto decenti di fronte al palco, con le teste degli spettatori davanti a te, con e senza flash. Poi ti sposti.
Di lato al palco dove riesci a ritrarre due instancabili suonatori di tamburello. Uno grosso e piazzato ricciolone e l’altro biondo. Il secondo ti ricorda vagamente l’attore Kim Rossi Stuart l’attore che interpretava un cattivo nel film Romanzo criminale sulla banda della Magliana. Tornata alla cronaca nel mese di giugno-luglio del 2008 per gli ultimi sviluppi della scomparsa di Emanuela Orlandi ma queste sono altre storie che non racconterò.
Intorno al palco fotografi varie volte una danzatrice vestita di rosso che inebriata dalla musica e ipnotizzata gira su stessa come i dervisci turchi. Senza mai fermarsi. Quando sarai a Roma riguarderai queste fotografie con molto piacere per la splendida e coinvolgente serata di musica. Dove il palco è vero spettatore e lo spettacolo se cosi vogliamo chiamarlo è sotto il palco in mezzo alla gente. Le orecchie quando te ne vai sono ancora piene del suono ipnotico della taranta. Poche volte un tipo di musica ti ha così emozionato e coinvolto.

Tre cani morti
Chiamo “cani morti” i canidi che d’estate distrutti dal calore dell’afa si sdraiano mollemente e in completa pigrizia in un punto d’ombra e di fresco e rimangono lì senza quasi esalare un respiro, come morti.
Arrivati a San Cataldo sul mare Adriatico troviamo ristoro sul mare per prendere caffè e cappuccino mattutino. Un classico decennale consumato con calma e solitamente nei bar romani. Come sempre esco sempre io per primo dal bar per fumare la solita sigaretta dopo il caffè.
E ancor prima di accendermi la sigaretta lo sguardo mi va verso la gestora del bar: sta cacciando a male parole e assumendo una posa tipicamente mussoliniana tre poveri cani che si erano azzardati a sdraiarsi sotto il portico del suo bar. La posa mi ricorda il dittatore del film di Charlie Chaplin “Il grande dittatore” nella famosa scena del mappamondo. Altra scena fenomenale di quel film quella scena in cui i due dittatori si incontrano, con l’attore che interpreta Benito ha il cognome storpiato in oni o giù di lì. Ora non ricordo poi mi documento.
Ritornando ai tre cani appena sparita la gestora si nascondono dietro il chiostro che funge da bar dove sono invisibili alla vista della terribile megera e si godono nuovamente il fresco all’ombra.
Li ho anche fotografati per testimoniare la loro sofferenza sotto il caldo

Billo il cane
Continuo a parlare di cani o meglio di un cane.
Mi reco su per una salita verso la macchina per recuperare la documentazione per girare in Puglia.
Recupero il malloppo di carte e chiudo la yaris rosso ferrari. Mentre ridiscendo un abbaiare un po’ feroce. Giro lo sguardo e vedo dall’altra parte della strada un sorcio grigio di cane. Ha accanto il suo padrone un bel ciccione a petto nudo. Sorrido: così piccolo e feroce. “Non si preoccupi” dico al signore a cui manca solo il reggiseno (battuta molto cattiva). Mi avvicino chiamandolo a gesti Billo e questi si avvicina scodinzolando per controllare questo intruso. Lo accarezzo sulla testa, noto un pelo morbidissimo. Ringhia un pochino ancora forse per ribadire a sé stesso e a me che è un cane da guardia.
Continua a scodinzolare: fa meno paura. Torno verso il ristorante. Sento dietro di me quella pulce di cane che continua ad abbaiare sommessamente. Se lo attacca una mosca, prevedo che l’insetto vinca al primo o round o set senza tempi supplementari o rigori.

Storia Futura
Il destino o il futuro come lo si voglia chiamare è scritto dalla burocrazia e dal fatto che vai per 28 anni nello stesso posto.
Costruisci un ristoro vicino alla spiaggia, vedi cambiarlo, cambia tutto intorno a te, ma tu non rinnovi nulla.
Poi arriva l’ordine perentorio di buttare tutto giù dal tuo comune.
Quando tornerai troverai un grande parcheggio e un moderno ristoro alla Mac Donald.
Non troverai quel simpatico cameriere somigliante a Ficarra con camicia cravatta aperta un paio di pantaloni tenuti alla bell’e meglio da una cinta di stoffa e dalle splendide scarpe da ginnastica rosse.
Lui svernerà a Milano cercando di piazzare e vendere le sue opere d’arte: teste e figure in cartapesta colorate.
I suoi genitori chissà passeranno di lì fra un anno per vedere solo macchine parcheggiate. Così va il mondo. Il passato non c’è e 28 anni di dure estati dimenticate e un bel ristoro vecchio e bisunto buttato nel cesso della modernità. Buona fortuna controfigura di Ficarra quello di Picone. Nel frattempo ti sei mangiato un’insalata di mare molto buona e hai passato un’oretta a chiacchierare con una persona simpatica non come quei milanesi che di Milano non sono vicini di tavola. Quell’uomo non è una macchietta ma una persona che sa comunicare con la gente raccontando la sua storia e quella dei suoi genitori. Una storia come questa non la puoi fotografare ma solo inutilmente raccontare.

Il bambino e l’installazione multimediale

Generalmente le installazioni multimediali sono di una noia mortale. Io le bandirei dal campo dell’arte contemporanea o post contemporanea. Dovremmo creare una discarica ad hoc per eliminarle tutte e mettere tutto intorno un campo minato per non permettere a nessun artista di divenire un novello ladro di tombe multimediali.
Ma non di questo volevo parlare o scrivere. Talmente sono noiose che un bambino rimane affascinato e nulla riesce a fargli staccare gli occhi e la mente dallo schermo. Ha già visto il filmato ma rimane lì a rimirarlo di nuovo. Ed è solo un uomo che sale lentamente una collina ma deve essere tremendamente ipnotico se la madre stenta a portarlo via… poi il bambino si convince e non comunicherà mai cosa gli ha trasmesso la visone del filmato.

Lei, il telefono e lui
Sotto gi alberi a via Vittorio Emanuele II a Otranto in Puglia è seduta su una panchina una donna e sta parlando al cellulare. La osservo per buoni 5 minuti. Non sembra in attesa. Finisce la telefonata e quasi subito arriva lui. Sono molto contenti di vedersi, si abbracciano sensualmente sulla panchina. Rimangono l’uno nelle braccia dell’altro un bel po’ di tempo scambiandosi baci e carezze. Ora il dubbio è: era con lui al telefono, con il suo lui, lui è il suo amante, il marito o altro. Ma qui si vuole malignare. Poco dopo si allontanano mano nella mano e qualche minuto dopo la panchina è occupata prima da una madre e figlia e poi da un uomo che mangia il gelato raggiunto, mentre scrivo queste parole, dalla sua donna armata anch’essa di un cono gelato.

In Puglia sono tutti interisti

La conversazione con la barista inizia col chiedere se in quel bar ci sono fan dell’Internazionale A. c..
La barista forse abilmente devia la domanda e inizia affermando che le su preferenze calcistiche vanno verso il milan aggiungendo che il mondo del calcio riceve moltissimo e non da nulla ai tifosi che danno moltissimo.
Tra me e me penso: signorina è la regola del business. Mentre scrivo ascolto quasi per coincidenza il gruppo
white stripes che suonano la musica che ha accompagnato i tifosi dell’Italia calcistica del 2006. La nostra balbuziente prosegue nella sua tentennante conversazione: “Il sud ha tanti che avrebbero bisogno di aiuto. Siamo pieni di albanesi, cinesi e tanti altri stranieri. Ma badi bene io non sono razzista” (e io aggiungo non sei xenofoba?). Continua “Stanno al tramonto tutti in piazza (a occupare il posto dei vecchi e dei disoccupati di quel paese). Cita il caso di madre e figlia che lavorano come badanti e gli fa i conti in tasca 1200 euro in totale. E’ come se guadagnassero 35.000 euro nel loro paese. Non è giusto occupano un posto che non gli spetta. E io a 35 centesimi al giorno a servire caffè. Dice che non è razzista e io aggiungo sei xenofoba?
Oggi gli stranieri fanno lavori che l’italiano non vuole più fare. Esistono ancora muratori italiani, le domestiche vengono dal veneto? Ora l’emigrante dal sud va nella grande città solo per studiare per fare poi il precario e rifiutando lavori che 20-30 anni fa erano normalmente accettati anche provvisoriamente per campare. L’italiano non rinuncia al suo cellulare extra accessoriato, al mega schermo dove vedere i reality o le partite di calcio in diretta.
Dove andiamo o cosa saremo sempre di più un paese multirazziale, con tanto razzismo e xenofobia sempre più emergente. Con tanti schiavi in più. Come in guerra qualcuno ci guadagna e non farà nulla per migliorare la situazione. Uno status quo perenne, siamo italiani. I degni eredi di Niccolò Machiavelli non scordiamolo mai.

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