lunedì 3 ottobre 2011

Ordine e Caos (o Caso?) nella fotografia

Il titolo deriva un breve appunto scritto circa tempo fa e lasciato lì, in attesa di essere sviluppato. Sette parole per parlare e/o scrivere di fotografia.

Si è sempre alla ricerca di spunti nuovi per fotografare o scrivere di fotografia. Ordine e Caos in fotografia navigano distanti e vicini allo stesso tempo. Per non parlare poi del Caso che si insinua tra il Caos e l’Ordine
Ordine e Caos (o Caso)
Disordine e Calma (o Premeditazione)
In che cosa l’Ordine trova applicazione e terreno fertile nella Fotografia? Un fotogramma può presentarsi ordinato nella composizione, possiamo (anzi, è auspicabile) essere ordinati nell’archiviare, nel catalogare, persino nel seguire un preciso progetto mentale e trasporlo in immagini.
Passiamo al Caos (dal greco cháos, derivato di cháinein che sta per aprirsi, spalancarsi . . .) Dove sta il Caos nella fotografia ? A mio parere il Caos non dovrebbe avere diritto di cittadinanza in questa forma di espressione. Se una foto è originata dal Caos è essa stessa portatrice ed espressione di un disordine e il risultato che ne consegue è confusione e mancanza di comunicazione, cioè, sempre del miopunto di vista, l’esatto opposto di quanto dovrebbe essere la Fotografia, veicolo di idee, rappresentazioni e sensazioni originate dalla nostra mente, ma ordinate alla luce del nostro pensiero.

E il Caso, poi?
Quante foto sono effettivamente frutto del Caso? Quante di queste foto, definite anche “spontanee” e frutto, appunto, del Caso, sono invece piuttosto il risultato di la pre-ordinata ed organizzata volontà, volta a cogliere un attimo irripetibile . . . un attimo che, questo si, a “Caso” si è manifestato come un‘epifania senza che lo potessimo preordinare e premeditare ? Ma non tutto ciò che appare spontaneo e frutto del caso lo è: pensiamo all’iconico e famosissimo “Le baiser de L’Hotel de Ville” di Robert Doisneau: fu (ora lo sappiamo con certezza) il risultato di una messa in scena ben più che premeditata. Per contro si arriva a persino a disquisire se l’immortale (suo malgrado) soldato repubblicano spagnolo colto nell’attimo stesso della sua stessa morte da Robert Capa sia frutto di una messinscena (dal New York Times).
Ma forse, le foto di guerra, spesso oggetto e soggetto di propaganda sono per loro stessa natura sospette e frutto di pose inscenate anche laddove non lo si sospetterebbe: potrebbe rientrare in questa categoria (benché smentito in modo veemente dal suo autore – vedi Associated Press) la foto simbolo della conquista di Iwo Jima da parte delle Truppe Americane nella II Guerra Mondiale di cui parla nel suo bellissimo doppio-film Clint Eastwood (“Flags of our Fathers” e “Letters from Iwo Jima”).
Ma dopo questa divagazione torniamo al tema iniziale e pensiamo alla trimurti Ordine-Caos-Caso in terminidi composizione fotografica. Si diceva del Caso. Nulla vieta di scattare a Caso, senza inquadrare: ma poi non si può pensare di ottenere in questo modo un’immagine convincente o anche solo leggibile e comprensibile. Perché questo avvenga si devono saper comporre gli oggetti inquadrati attraverso il mirino e la “composizione” è il risultato di un faticoso e per nulla scontato esercizio di esclusione ed inclusione: tutto ciò serve a portare Ordine nel Caos. Con una felice intuizione nella storia della pittura si cominciò a ragionare in termini prospettivi pensando e cercando punti di vista ed “inquadrature” che non fossero più quelle pose statiche e ieratiche di tanta pittura sacra e iconologica che aveva preceduto.
Si tratta di cercare anche nella inquadratura fotografica un “punto focale di attrazione” per chi osserva. Geniale quanto misteriosa rimane tuttora la lettura dei diversi piani narrativi e prospettici della Flagellazione di Cristo
di Piero della Francesca.
Pure nella raffinata complessità della sua costruzione, il quadro rimanda una sensazione di ordine e geometria: l’impressione è che Piero sarebbe stato anche un ottimo fotografo se fosse nato qualche secolo dopo . . . Senza quest’ordine mentale dietro la concezione dello scatto, si rischia seriamente di degenerare in un Caos visivo senza costrutto. L’importante è che l’Ordine – inteso come visione nitida e pulita del progetto visivo che si vuole realizzare deve partire da chi inquadra e scatta la fotografia: deve innanzi tutto ordinare il Caos nella propria mia mente per poter trasmettere qualcosa.

Una foto può nascere anche da un progetto, da un intento di riprodurre qualcosa che conosco e voglio reinterpretare. Potrei decidere di voler rivisitare l’immagine uno spartito musicale usando foglie e cannucce, ma dovrei innanzi tutto essere informato su come si dispongono le note su un pentagramma.
La scelta cromatica non potrebbe essere frutto del Caso:
dovrei usare cannucce che contrastassero nettamente lo sfondo e le foglie dovrebbero essere una diversa dall’altra per dimensioni e colori. Dovrei poi essere tecnica-mente in grado di sfocare lo sfondo, mettendo perfettamente a
fuoco foglie e cannucce. Ma si tratta di un’immagine che si è formata nella nostra mente e che non è mai stata ancora realizzata, almeno non fino a che non tenteremo di attuare il nostro “disegno” fotografico. Tuttavia, è fondamentale tenere bene a mente che tra teoria e pratica c’è sempre uno scarto non indifferente.
Quando si passerà dalle idee che si hanno dell’inquadratura e della foto, alla loro realizzazione, qualcosa o tutto cambierà, ma l’importante e che si sia pronti a padroneggiare il Caos ed il Caso con un minimo di nozioni tecniche.
In un certo senso un’immagine fotografica può essere anche vista come il risultato di un un puzzle, dove la concezione ed il complesso dell’immagine già sono presenti potenzialmente nella nostra mente e si tratta (semplice a dirsi, più difficile a farsi) di ricostruire il puzzle con tutti i pezzi, ognuno al punto giusto. Si sente spesso parlare con un facile luogo comune di “Caos creativo” e si potrebbe essere portati a pensare che anche in fotografia l’espressione abbia il suo corrispettivo. Ma torniamo all’ipotetica immagine per ora mai realizzata. Immaginiamo di gettare a caso le cannucce e poi le foglie sul ripiano che farà da sfondo. Ben difficilmente otterrò che le cose si dispongano come sarebbe stato necessario per poi riprodurre per via fotografica quella che dovrebbe essere la “rappresentazione” di un pentagramma.
Se si vuole è un po’ il paradosso che si racconta parlando di probabilità ed evoluzione, chiedendosi se una scimmia, messa di fronte ad una macchina da scrivere sarebbe in grado di scrivere la Divina Commedia. Il Caos non è amico della Fotografia, a meno che non si pensi al Caos come il movimento . . . allora parliamo di altro. Si può dare il caso di movimento creativo (passando da una focale a un'altra durante lo scatto) di un fuori fuoco intenzionale. E quale miglior esempio di “apparente”” Caso creativo nel movimento e nella improvvisazione di quello rappresentato dalle foto gioiose e piene di vita di Mario Giacomelli . .
E se si parla di tecnica fotografica e di Caos apparente, cosa dire allora del panning, con lo sfondo mosso e il soggetto quasi a fuoco?
Si tratta di tecniche che richiedono un’adeguata padronanza del mezzo fotografico e dell’occhio e della mente che deve sapere il momento in cui scattare. Con una tecnica idonea il risultato può divenire puro astrattismo, anche se a prima vista si potrebbe pensare a frutto del Caso e del Caos. In Fotografia, un campo in cui l’Ordine regna apparentemente sovrano è quello delle Foto di matrimonio: ci sono momenti giusti quando si deve scattare, né un
attimo prima, né un attimo dopo. Normalmente, fino all’uscita degli sposi dalla Chiesa o dalla Sala comunale delle cerimonie, l’album delle foto ricordo è fatto di molte pose convenzionali e “obbligate”. Dopo l’uscita degli sposi, al
precedente Ordine potrebbe sostituirsi, una sorta di Caos creativo cercato e voluto del fotografo ufficiale, che è tuttavia e un finto Caos. Quella che segue è invece una messa in scena attuata dal fotografo e dagli stessi sposi,
alla ricerca di pose apparente spontanee e naturali e che sono invece frutto della ricerca dell’Ordine che il fotografo tenterà di attuare nella sua mente e nella sua visione di quel matrimonio e di quella coppia. La spontaneità ed il
Caso tuttavia hanno diritto di cittadinanza anche nelle foto di matrimonio e sono quelle foto colte da dietro-le-quinte e rivolte ai commensali, ai parenti e agli invitati, colti in atteggiamenti di relax e di gioioso abbandono.
Qui forse il Caso (ed il Caos) fanno la loro parte e non sono “antitetici” all’essenza stessa della fotografia: che si potrebbe definire come uno specchio deformante della realtà o, meglio, un prisma che ingabbia, devia, deflette e riflette il modo in cui nostri occhi leggono e vedono la realtà che ci circonda.

Articolo a cura e scritto a quattro mani da Danilo Mililli e Marco Pacchiarotti.

Una dedica particolare a mia Moglie Renata e Lodovico Ludoni.

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